giovedì 9 settembre 2010

Fenomenologia del Porno Moderno #1: Porno Iraq (1/2)

DMD


Il Porno in Iraq va a ruba. Rinfresco la memoria: Abu Ghraib. Ve le ricordate le foto del carcere? I militari, le soldatesse, i corpi nudi, umiliati, torturati, vilipesi se non ancora fisicamente almeno dai flash della nostra superiorità culturale, storica, morale? Solo un antipasto.





















Quintali di porno continuano ad arrivare dall’Iraq. Ad esempio l’orfanotrofio dove i bambini dormono nudi incatenati al letto, o sul pavimento accanto ai propri escrementi. Le fotografie di quei luoghi giungono in Occidente. Colpiscono allo stomaco. Una forma non troppo sottile di pornografia.
La fenomenologia del porno moderno ci educa su come il porno possa essere letto a più livelli. Non solo quello iconografico. Ecco che scopriamo che le foto provengono da questo sito, che promuove la Guerra contro il Terrorismo e la colonizzazione Cristiana: «As long as Iraqis fail to adapt a culture of life, they are denied to enter heaven. Why can’t all people be Christians? Strong Christian values would never allow such a disgrace» la conclusione è già nel titolo del post: «here is why God hates Iraq». Frequentando più accuratamente il sito verresti a scoprire che la parola Freedom è forse la cosa più pornografica che compare (così come la lista dei “bersagli di Dio”, da Obama a Harry Potter, dalle auto ibride all’amico dei creatori del sito morto per autoerotismo in un Motel, in questo caso: «God won»). Lasciando perdere le evidenti incongruenze, le bombe cristiane della civiltà che ne ammazzano a migliaia di bambini, e le loro famiglie, lasciando stare tutto quello che ci gira intorno, dalle armi illegali di distruzioni di massa, ai crimini di guerra, i vaneggiamenti teologici, gli anatemi morali, perché la vera pornografia sta in cosa c’è dietro. Dietro a tutto questo. Cioè noi. La nostra cultura. La nostra vita. Bisogni, sogni, pulsioni. Del resto non esiste pornografia senza pornografi. E come recita il motto di questa rubrica: «L’unica cosa che ci differenzia dagli animali è che noi abbiamo la pornografia». 

























Tonnellate di porno arrivano dall’Iraq. Abu Ghraib, dico, ve lo ricordate? I prigionieri feticci diuna morbosi tutta occidentale che manco si mantiene laidamente segreta ma che fa capolino nelle nostre vite, nei nostri palinsesti e, cosa ancor più importante, nell’iconografia quotidiana. Cazzi e culi, pile di corpi nudi, con quelle censure ininfluenti ed opache, che per intenderci sono divenuti archetipi del nostro immaginario collettivo. Ecco, ve lo ricordate Abu Ghraib?
Saltarono fuori queste foto, così che tg e quotidiani nazionali cominciarono a parlare di gonzo porn. Improvvisamente tutti conobbero quel genere di porno dalla valenza un po’ sadica, molto amatoriale, dall’attitudine digitale spiccatamente low tech, testimone di un realismo esasperato ed esasperante. Il gonzo porn che poi è la rivoluzione pornografica degli ultimi anni. Quel gonzo porn lì, che arriva in Iraq. Che ce lo siamo portati dietro. E che ritorna a casa nostra via etere. Cazzi e culi, pile di corpi nudi, con quelle censure ininfluenti ed opache, sbattuti in faccia, nelle tv di mezzo mondo.




















 I tg e i quotidiani parlano di una punta di un iceberg. Le immagini dei trofei umani sono solo l’inizio, dicono. Si parla di film porno, lungometraggi, servizi fotografici. E poi stupri, violenze sessuali. Il Pentagono indaga. E porta al Senato prove. Rumsfeld che tuona: «Violenze sessuali non saranno tollerate al Dipartimento della Difesa. I comandanti a ogni livello hanno il dovere di prendere le misure adeguate per prevenire aggressioni sessuali, proteggere le vittime e punire i responsabili». Proprio quel Rumsfeld lì, profeta, demiurgo e paladino del War on Terror. Quel Rumsfeld lì che la gente, i giornali, l’informazione, definivano Ministro della “Difesa”. Ecco, quel Rumsfeld istituisce una task force d’indagine che snocciola i primi risultati. Numeri che parlano chiaro. 18 mesi di guerra e 112 denunce di violenze sessuali. Soldatesse reticenti che alla fine parlano. Ma che denunciano solo lo spicciolo che è comunque una bella cloaca di porno. Abusi su donne intorno al Comando Centrale. Giusto per rinfrescare la memoria.
E mentre il gonzo porn, sempre più in voga, rimbalza tra Casa Bianca e stream mediatici, dall’America di Fort Ashby, paesello della West Virginia, lo stesso della famosa soldatessa Lynndie England, quella immortalata ad Abu Ghraib con l’iracheno al guinzaglio, Colleen Kesner, una donna fermata per strada, dice cose come queste: «se sei uno straniero, se sei di una razza diversa, non sei un essere umano. Torturare un iracheno è come torturare una bestia». Qualcuno dice abbia detto «è come sparare ad un tacchino». Le fonti sono incerte. La sua più illustre compaesana invece pubblica un libro. È un autobiografia nella quale cerca di spiegare le sue ragioni: Tortured: Lynndie England, Abu Ghraib and the Phorographs That Shocked the World. In un’intervista alla Bbc dice: «Abbiamo fatto quello che ci si aspettava da noi, quello che ci era stato richiesto. Non mi sento male per questo. (…) Cose del genere accadono sempre nei college e nei dormitori, ovunque negli Stati Uniti. Sono umiliazioni che tutti subiscono anche nell’esercito». Lynndie si è fatta tre anni di carcere. Ora vive di psicofarmaci con il piccolo figlio Carter avuto dal fidanzato, il caporale Charles Graner, altro solito ignoto di Abu Ghraib (lui di anni ne ha presi 10 ed è ancora dentro). Lui è quello delle foto più famose, il baffone sorridente con la kephia addosso per intenderci. Nell’intervista a Lynndie viene chiesto se tutto ciò che ha fatto fosse accettabile o meno. «Beh, se serve a ottenere informazioni utili, allora sì». Quindi le vengono mostrate le foto: “Non le pareva assurdo, perverso quello che facevate?”, «Certo, era un po' strano, assurdo, ma quelle erano le cose che succedevano lì. (…) Continuavamo a chiederci se fosse giusto, ma loro (i superiori) ci dicevano che andava bene, di continuare». Quindi: «chi sono io per metterlo in dubbio?».
Norimberga è negli Stati Uniti.



























Lynndie England come Sabrina Harman. L’ex pizzaiola, compagna di merende ad Abu Ghraib. Sabrina è però più carina. Il volto dolce, meno strafottente. Sembra non c’entrare niente con Abu Ghraib e nelle foto dove ride di fronte ai cadaveri sembra aggiunta come in un fotomontaggio. In realtà è tutto vero. È lei quella che ha collegato i cavi elettrici al prigioniero incappucciato, il cosiddetto Cristo di Abu Ghraib.





































... continua in Porno Iraq (2/2) (beware, explicit content).





DMD




1 commento:

  1. حسبي الله ونعم الوكيل فيهم يارب أن تأخذ حق المسلمين منهم

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