giovedì 29 luglio 2010

Oltre la cultura della visibilità: Non è la Rai, le Veline, le Velone. E dopo?

Nel mondo della comunicazione, dell'immagine, dell'informazione ogni cosa, parola, gesto ha una valenza virale. Esiste in natura bestia, in tal senso, più virale dell’uomo? L’unico essere che aspira ad essere anche oltre il tempo che non è più suo, all’infinito? Arte, imprese, tragedie, qualsiasi cosa pur di durare in questo mondo che è pur sempre un teatrino circoscritto. Finito, con dei confini, ma soprattutto un teatrino.
Viralità dei comportamenti umani. In principio fu Non è la Rai. Poi arrivarono le Veline. Poi le Velone. Dalla pedopornografia silente borghese si è passati per la carnazza soda ma leggera di massa, ed infine la carne vilipesa e snervata dal tempo, ridicolizzata dalla cultura dell’esibizione nella centrifuga del trash (durante l’estate vacanziera, quando le difese dell’intelletto sono abbassate, rilassate). Quasi che la consacrazione non possa essere che catodica. Ogni tempo, del resto, ha i suoi dèi da rispettare ed un consono altare dove onorarsi.


Un ciclo che coincide con quello della vita. Pubertà, giovinezza, vecchiaia. La carne che si autocelebra e l’occhio che consuma. Che brama. Che apprende. E vorrebbe imitare. Bave di colori diversi asciugate dai menti degli stessi individui che negli anni si sono evoluti. Ora che la pubertà lasciva, celata e poi svelata, è fuori moda, ora che vige il gerontoporno, cosa mai ci si potrà immaginare per il futuro? Più in là della menopausa adolescenzializzata e del viagra di Stato cosa mai potrà esserci di più espositivo, edonistico ed anacronistico? Gunther Von Hagens.
Se l’arte è avanguardia, il Dr. Morte è un artista. Se l’arte è sostanza, un becchino. Ed un grosso figlio di puttana.
... continua qui.
DMD

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