domenica 10 ottobre 2010

Fenomenologia del Porno Moderno #3: Teens

La Fenomenologia del Porno Moderno ci insegna che la pornografia è un'entità morale, culturale ed estetica capace di invadere molti, forse troppi spazi. Gli ambiti ed i soggetti convertibili sono difatti infiniti. 

In questo caso vorrei parlare dell'infanzia. Uno spazio di vita avulso da certi linguaggi dove il sesso non dovrebbe c'entrare, anche se non sempre è stato così (l'esempio stra-abusato e di molto circoscritto è sempre quello: l'Antica Grecia, Atene, Sparta e l'arpaghé di Creta). Tuttavia, proprio perché la nostra cultura dominante prevede una serie di veti in questo senso edificando tabù inviolabili, l'arte, facendo leva sui propri privilegi espressivi, spesso si è proposta di evadere dalla morale. Da qui la raffigurazione ambigua di un'infanzia deformata dalle logiche adulte, spesso debitrici di desideri e pulsioni che provengono dal subconscio. Parliamo quindi di distorsioni. Da una parte la ricerca estetica, dall'altra la denuncia, la provocazione fine a se stessa, l'intento di mettere alla berlina la sessuofilia dell'osservatore che vorrebbe negare la propria cattiva coscienza di fronte alla sottile spudoratezza del soggetto ritratto.

Se c'è una cosa che oggi disgusta e scandalizza più della pornografia è difatti la pedopornografia. E quindi se esiste un ambito in cui l'arte è in grado di veicolare sensazioni controverse e giocare sul filo del rasoio lungo il medesimo baratro, quello è proprio l'orizzonte pedopornografico, un mondo che non si deve esplorare. L'arte quindi tende a scommettere in questo tipo di ammiccamento, un gioco pericoloso che alle volte non riesce. Per non parlare di pubblicità e mercato. 

Ma anche qui come al solito l'ossimoro: tanto adamantine si ritengono le basi di un simile tabù, altrettanto soggettiva è la natura del giudizio a riguardo di simili rappresentazioni. Scempio? Vergogna? Pornografia? Doverosa dissacrazione? Sublime ricerca estetica? Legittima raffigurazione della decadenza dei costumi?

La dimostrazione della sconfitta dell'oggettivo contemporaneo anche al cospetto del tabù più incontrovertibile. 






















































DMD

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