giovedì 23 settembre 2010

Sverige Über Alles

Ora, non per vantarmi, ma sono stato in parecchi posti in giro per il mondo, tra i quali la Svezia, Stoccolma.



Ora, non per fare la vittima, ma l'unica volta in cui sono stato trattato diversamente perché straniero, o peggio, italiano, è stato in Svezia, Stoccolma.
Ora, non per rompere il cazzo ma quando hanno rotto a me il cazzo parlandomi della Svezia come paese progredito, avanzato, aperto, lungimirante, assistenzialista e di Stoccolma come città magnifica, generosa, divertente, evoluta, organizzata, come posti già mi stavano sul cazzo.
Ora, non per fare la figura del depravato maschilista turista italiano del cazzo, ma a Stoccolma non c'ero andato per respirare l’aria di progresso, visitare il museo con la barca vichinga o assaggiare la renna con il puré di mirtilli, ma avevo fatto migliaia di chilometri soprattutto per le bionde. Sì, le birre. E non solo quelle.

Ora, non per fare il pignolo, ma un turco che faceva il sushi nel centro storico di Gamla Stan, capolavoro umano della globalizzazione, a due passi dal mio ostello mi aveva avvertito che gli svedesi non sono tradizionalmente amichevoli con i "black hair". E io: «black che?», e lui: «black hair, che qui equivale ad essere negri».

Ora, non per sfatare il mito della Svezia tollerante, amichevole, pacifica, ma io nella mia vita all’estero ho subito una sola aggressione fisica. Indovinate dove.
Ora, non per fare l’eroe, ma sti vichinghi del cazzo sono pure dei vigliacchi perché anche se in tanti attaccano alle spalle, mordi e fuggi. Lanciano bottiglie, al massimo un pugno e poi scappano. E mica se la giocano.
Ora, non per fare il piangina, ma all’arrivo immediato della polizia l’unico vichingo che eravamo riusciti ad acciuffare è stato rilasciato immediatamente non appena lo sbirro baffuto ha capito che eravamo stranieri e “black hair”. E alla domanda: «perché?» la cortese risposta fu: «perché ti devi fare i cazzi tuoi e lasciarci fare il nostro lavoro. Guai a voi se vi rivedo in giro», mentre il mio amico con la faccia aperta che sanguina come un maiale scannato è a terra privo di sensi con la gente che guarda, mentre piove.
Ora, non per guardare il pelo nell’uovo, ma gli sbirri mica c’hanno chiamato una fottuta ambulanza prima di andarsene come se niente fosse.
Ora, non per fare il micragnoso, ma l’ospedale dove hanno mandato il mio amico era un fottuto capannone industriale dove gli hanno cucito il taglio con una sutura da macellaio e buonanotte.

Ora, non per fare il multietnico, ma da quel turco ci sono tornato. Il sushi era buono, mi faceva lo sconto ed era simpatico. E lui era sinceramente amareggiato dell’accaduto tanto da averci chiesto scusa a nome della Svezia, malgrado lui non fosse ancora svedese dopo anni di lavoro in regola, tasse pagate e una moglie ed una figlia svedesi (anche se la bambina un po’ caffelatte). Lui, che era un “black hair” del cazzo come il sottoscritto e che prima di salutarci ci aveva detto che un cazzo di politico svedese aveva rilasciato dichiarazioni in campagna elettorale dove equiparava gli immigrati a delle scimmie. «Più o meno come da noi» gli dissi. Noi che viviamo in Italia, il Terzo Mondo rispetto alla luminosa Svezia dei miei coglioni.
Ora, non per fare la morale a nessuno, ma ultimamente leggo i giornali e vengo a sapere di quello che è avvenuto qualche giorno fa in quelle terre dominate dal genio di un popolo ricordato ed apprezzato nel mondo per le aringhe e l’Ikea. Parlo delle elezioni politiche, dei partiti xenofobi di estrema destra eccetera eccetera eccetera.

Quindi, al prossimo che mi dice della Svezia come un di un paese bellissimo lo zittisco e gli dico: «Sì è vero. Io ci tornerei anche domani. Ma solo per le bionde. Le birre, certo. Ma non solo quelle. Quale altro motivo?».

Oh già, gli ABBA .



DMD

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