venerdì 30 luglio 2010

Cadaveri di Plastica - Seconda Parte 2/2

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Cultura della visibilità e oggettivazione del corpo. Lo svelamento è totale, anatomico. Anche il limite del tempo viene violato. La vivisezione avviene post mortem, così come la sua consacrazione. Sarà il tuo cadavere a valere non te. Sublimazione attraverso l’anonimato. Una dimensione temporale fruibile solo a coloro che ancora sono. Un’investitura che prescinde una sorta di martirio: muori e ti mostreranno. Un’immolazione che però ha un prezzo. Plastica. Non dimenticare che hai rinunciato alla carne. Non ti consumerai più. Sei plastica. 
Cultura della visibilità, oggettivazione e mercificazione. Portate all’estremo. Von Hagens si spinge ancora più in là ignorando le solite accuse di mettere in scena un baraccone del macabro inutile e disgustoso. E che tra le altre cose offende profondamente la dignità umana. Il Dottor Morte escogita l’ennesima trovata. Mette in vendita fette di parti anatomiche plastinizzate da utilizzare come elementi d’arredo, feticci, souvenir. Immaginate i prezzi. Ed immaginate, anche questa volta, il successo. Von Hagens lo odiano sempre di più. Il suo poco rispetto per la morte, dicono, è alimentato da un cinico e disumano calcolo mediatico.
«Non ho mai disumanizzato una plastinazione» si giustifica il Dottor Morte. «Infatti non ho mai usato una vescica come vaso». Una fetta di polmone come posacenere sì. «Ovviamente esistono degli spazi di interpretazione: le mie plastinazioni possono essere lette in maniera diversa, a seconda del pubblico». Von Hagens ha un alibi. Fa uso di corpi di volontari. Ora, se la questione è di carattere iconografico, relativa al cadavere esposto così com’è, cioè scorticato, sezionato, oggettizzato e quindi, secondo alcuni, vilipeso e sbeffeggiato, non se ne esce. Poiché la soglia è soggettiva e il limiti all’umano pudore variano da persona a persona. Se invece la questione è ontologica allora c’è da ascoltare cos’ha da dirci il Der Spiegel.
170 operai. Strani becchini intenti a scuoiare e sezionare cadaveri come in una normale catena di montaggio. Cadaveri comprati. Si chiama Von Hagens Plastination Ltd con sede a Dalian, Repubblica Popolare Cinese. L’inventario dei corpi in possesso dall’azienda come riporta la rivista tedesca nel 2004: 647 cadaveri adulti, 3.909 membra tra mani, gambe, piedi, peni e uteri, 182 tra embrioni, feti e neonati. Dalian è un’adorabile cittadina turistica, tra le più gradevoli della Repubblica Popolare. Ma soprattutto è sede di due penitenziari e un campo di lavoro, dove sono rinchiusi e anche giustiziati, oltre a delinquenti comuni, dissidenti, attivisti del Fulan Gong e attivisti per i diritti umani. Naturalmente la scelta è caduta sulla Cina anche per altre ragioni che è facile immaginare. Reperibilità, costi e una legislazione ben più flessibile. Più o meno le stesse ragioni che hanno portato la Von Hagens Plastination Ltd ad aprire anche a Bischkek, Kyrgyzstan.
Il Plastinarium ufficiale, aperto alle visite del pubblico, è a Guben, Germania. 2.500 metri quadrati dell’ex fabbrica tessile mitigati dalla placida presenza di stagisti che seguono la preparazione delle opere, che modellano le fibre muscolari e che grattano via la polvere provocata dalla sega al taglio della colonna vertebrale. Di sottofondo aleggia Vivaldi. Un ritrattino aziendale sublime, lontano anni luce dai lager cinesi ritratti dal Der Spiegel, che collima con il sorriso di Von Hagens, che parla di «teatro anatomico, dopo la fine della tradizione scientifica e democratica europea» e di «salone di bellezza post mortem». Più in là i percorsi formativi per i bambini fatti di teschi umani e bandierine con i quali interagire.
Guben è un santuario. Il luogo dove critici ed intellettuali possono disquisire sul lavoro del Dottor Morte e sulle sue statue umane da 75.000 euro l’una. Panegirici dove si elogia o demonizza l’artista che ha allestito l’inallestibile. Che ha oltrepassato il limite tra arte e anatomia. Che ha spettacolarizzato la morte. Guben, dove si pontifica sulla plastificazione definitiva, letterale, completa dell’essere umano. Dove è possibile parlare di Von Hagens come di un genio, o un ardito, o di una persona che si è servita in modo parassitario dei privilegi dell’arte per rompere indiscriminatamente limiti morali e sociali. Ma a qual fine? Dubbie divulgazioni scientifiche? Oppure c’è dell’altro? Ancora una volta il calcolo mediatico. E la voglia di esposizione estrema dei donatori. La cultura della visibilità. Si finisce nel parare sempre su Warhol, solo che questa volta i suoi 15 minuti diventano l’eternità. 15 minuti infiniti, rigorosamente post mortem.
Eppure c’è dell’altro. Lo svelamento totale, anatomico, la vivisezione, la consacrazione. Tutto ha un prezzo. Diventi plastica, è l’oggettivazione totale del corpo. Una volta tramutato in manichino, e quindi oggetto, scatta la mercificazione. Speculazione su cose che furono cadaveri, che furono esseri umani. Una compravendita che soggiace a leggi di mercato e del profitto. Ed oltre a tutto ciò la spettacolarizzazione di un fenomeno. Le mostre visitate da milioni di persone. Un rito collettivo che si consuma e che si perpetua con la donazione volontaria. I retroscena, veri o presunti documentati dal Der Spiegel, sono distanti. Fanno da riverbero esterno senza intaccare il consumo del rito, in crescita, mentre non fanno altro che aumentare il valore di queste opere. O meglio, per dirla alla Von Hagens, il carisma di questi cadaveri.
E la cosa funziona.

«Invecchiando comprendo sempre più che la morte è la normalità e la vita l’eccezione».
Dr. Gunther Von Hagens  

DMD

P.S per coloro che volessero donare il proprio corpo a Gunther Von Hagens o che semplicemente desiderassero trovare maggiori informazioni a proposito di esposizioni, biografie e plastinazioni visiti il sito Bodyworlds.
per una veloce carrellata di foto cliccare qui

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