mercoledì 4 agosto 2010

Dildo

«Con i tuoi splendidi gioielli d'oro e d'argento, che io ti avevo dati, facesti immagini umane e te ne servisti per peccare». 
Ezechiele 16,17.

«L'uomo è una macchina, un vibratore ambulante». 
Valerie Solanas, Authoress of the SCUM Manifesto.

Esistono vari oggetti che identificano intere epoche storiche. L’aratro. La stampa a caratteri mobili. Il treno a vapore. La televisione. Trapassi tecnologici che hanno plasmato la storia dell’uomo.
Antropologicamente parlando esiste un oggetto che identifica lo stato della donna contemporanea o quantomeno di una certa femmi-nihil-ità. Il dildo.
Considerando la virilizzazione della donna moderna, ci si accorge di come l’uomo, se rapportato nei suoi confronti, funga sempre più spesso da surrogato. Accessorio sociale, da una parte, e strumento sessuale dall’altro. In ogni caso un individuo utile all’affermazione del sé. Espressione di un ego in crescita. Da qui la riduzione in minimi termini del maschio: il cazzo, tutto il resto non serve.
Il dildo è quindi l’emblema della sconfitta del maschio moderno. Sempre duro, disponibile a comando, non parla, ma vibra. Il dildo è il simulacro perfetto. Nell’intimità, e sempre più spesso nell’immaginario erotico femminile, l’uomo ideale. «L'uomo è una macchina, un vibratore ambulante»: Valerie Solanas, Authoress of the SCUM Manifesto. Ha forma di cazzo, è vero, tuttavia il dildo non è solamente un surrogato di un’appendice anatomica. È anche il feticcio sessuale femminile per antonomasia. Il fallo. Il vitello d’oro di un culto sessuale materialista, figlio di un’emancipazione sessuale isterica, aggressiva, per nulla consapevole ed alquanto pruriginosa.
Ma è anche vero che il dildo esiste da sempre. L’archeologia suggerisce fin dall’epoca paleolitica. Pietra, osso, legno, metallo, porcellana: i materiali che ogni civiltà ha saputo lavorare interpretandone, di volta in volta, forme e colori diversi. Il dildo compare persino nella Bibbia: «Con i tuoi splendidi gioielli d'oro e d'argento, che io ti avevo dati, facesti immagini umane e te ne servisti per peccare» Ezechiele 16,17. Un oggetto di trasgressione, peccato, autoerotismo. 
In duemila e passa anni di storia, il dildo al giorno d’oggi ha la faccia di Hello Kitty e si può collegare all’Ipod in modo da farlo vibrare a tempo di musica, proprio così, altrimenti tanto varrebbe collegarlo al tostapane.
Il dildo è un oggetto sdoganato dal mercato. Viene venduto nei supermercati, in distributori automatici, nelle farmacie. Spacciato come medicina con tanto di avvertenze: “non assumere per via orale”. Qualsiasi altra via invece va bene.
Il dildo è il simbolo di una donna moderna che per svariate ragioni si è conformata all’autarchia sessuale, al sesso masturbativo, all’individualismo. Una donna che è sempre più un labirinto meno inestricabile, evanescente, tanto quanto i fantasmi di vecchi tabù estinti che la fanno apparire come una predatrice di sensazioni un tanto al chilo. E che all’inibizione ha sostituito una foresta di falli posticci. Ecco perché il dildo potrebbe in alcuni casi dire più cose rispetto ad un rossetto, uno specchietto nella borsetta, o di un assorbente intimo a proposito di una donna. Che nel cassetto non ha più sogni ma cazzi di gomma.
























DMD

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